venerdì 13 aprile 2012

Luciano Canfora, Il mondo di Atene, Laterza, Bari 2012



L'autore, filologo e storico, espertissimo di testi classici e soprattutto appassionato studioso di storia e civiltà greca, offre qui una  lettura innovativa della politica di Atene, scoprendo una  dimensione retorica della sua  grandezza, da tempo legata al concetto della sua democrazia, trasmessa per secoli e divenuta un  mito,  ambigua rispetto a quella reale che i testi classici tramandano e che ora,  dopo un certosino lavoro di  raffronto,  aiutano a meglio identificare.  Oggi ancora persiste nell'immaginario collettivo l'idea che la democrazia ateniese  sia stata nell'antichità il modello politico più alto, mai  superato rispetto alla contingenza  di altre forme democratiche  che pure ad essa s'ispirarono.  
A chiarire la differenza che passa tra la democrazia perfetta ed ideale inesistente e quella mista,  elitaria e democratica  dell'Atene di Pericle, ci ha pensato il filologo barese che ormai ci ha abituati a non fermarci  alla superficie dei testi, ma a vagliarli ed approfondirli fin nelle sfumature per cogliere il fondo di verità che di solito  si annida nel confronto di pagine e pagine delle fonti a lungo meditate.
Canfora l'aveva già detto nel testo dissacrante  Filologia e Libertà(Mondadori, Milano 2008), contenente la definizione di  filologia come: la più eversiva delle discipline  alla ricerca della verità. Questo suo nuovo saggio è la dimostrazione dell'iter che egli intende seguire per uno scandaglio più profondo ed intelligente della storia e dei documenti su cui si fonda. In questo saggio rivela infatti l'equivoco  su cui era stata costruita la teoria della democrazia ateniese, partendo da Tucidide e dal suo Epitafio per i caduti del primo anno della guerra del Peloponneso, pronunciato nel 431 a.C. Lì infatti è introdotto  Pericle a tessere  il grande elogio della democrazia fiorita sotto il suo governo. L'errore in cui tutti sono incorsi è stato quello di ritenere che la forma di governo fosse realmente così e che il pensiero  di Pericle rispecchiasse il vero giudizio di Tucidide. Niente di più falso. Sono numerosi i riferimenti in cui lo stesso storico lascia invece intendere che la democrazia ateniese del V sec.fu un governo  di élite  sostenuto dal popolo nelle assemblee, quindi ebbe  la  forma mista  di aristocrazia e democrazia, quest'ultima solo a parole quindi, non confortata da reali responsabilità. Non solo persisteva la schiavitù, ma la distribuzione della ricchezza  era regolata da un gruppo di cittadini ben abbienti che poi effettivamente comandavano, sorretti dalla volontà popolare. E Tucidide non è uno storico sprovveduto, anzi è l'unico che fece veramente esperienza di politica e che intese scrivere fatti che conosceva bene anche per la sua diretta partecipazione. Il discorso dell'elogio della democrazia dunque vuol  riflettere il pensiero e la personalità del  grande statista non il suo proprio, espediente retorico d'altronde  in quell'epoca in cui la storia non aveva ancora canoni d'assoluta obiettività, ma s'illustrava anche coin la retorica. Lo stesso Platone d'altronde, nel Menesseno, fa dire ad Aspasia in riferimento alla politica ateniese:  La chiamano democrazia, ma in realtà è un'oligarchia che comanda con l'appoggio della moltitudine. Simili attestazioni ricorrono pure in Senofonte che pensa che l'immagine della  democrazia, così come emerge nell'elogio pericleo,  vada rovesciata dal momento che essa era un sistema che emarginava i liberi ed i migliori di cui la condanna a morte di Socrate costituiva la prova,  insomma un cattivo governo dello spreco e del parassitismo e della corruzione,    fondato sullo sfruttamento degli schiavi e sul controllo dell'impiego della ricchezza per  fini imperialistici. Il governo della polis greca si adattò alla volontà popolare solo per guidarla, non in realtà perché ne condividesse le aspettative e la volontà. Tuttavia il suo mito durò e prevalse nei secoli fino a giungere noi che invano tentiamo di trovare e di concretizzare  l'idea prevalsa di democrazia come la più perfetta delle forme di governo. 
Benjamin Constant nell'Ottocento intervenne a chiarire la differenza sulla libertà degli antichi  paragonata a quella dei moderni,  in un celebre suo discorso pronunziato nel 1814 e pubblicato l'anno successivo. La differenza egli dice rispetto ai moderni  l'aveva fatta la rivoluzione francese,  inalberando l'ideale della libertà non più restrittiva come nel  passato schiavistico, ma aperta e rivoluzionaria. Il mito quindi d'una democrazia ateniese  fortemente idealizzata  rientra così  nell'alveo d'una reale esperienza politica divisa da contrasti e brevi composizioni com'è anche oggi, solo per  tenere alto il potere di pochi sulle masse. Anche nella storia romana la parentesi del Cesarismo venne ad aprire le porte ad un principato idealizzato come l'età aurea per eccellenza, fondato sulla concordia solo apparente delle classi classi sociali e delle forze militari temporaneamente soggiogate e strumentali. La storia insomma si ripete anche se  in forme diverse,  il che  rivela l'eterna illusione di chi pensa di avere appreso la lezione e di potersi indirizzare a forme progressive di sviluppo.  Quello che appare una costante nella revisione necessaria del percorso storico  è invece il gioco altalenante del potere politico che tende a promuovere non il bene delle comunità, ma le istanze  dei più forti e dei più ricchi anche a costo d'usare mezzi  ingiusti e spregiudicati. Eppure l'età di Pericle fu detta aurea per la civiltà che espresse con la  fioritura di forme straordinarie di sapere  e pure quella augustea del tempo romano fu cantata da poeti come Virgilio come un autentico ritorno all'età dell'oro di cui si favoleggiava.   
Il lungo itinerario tracciato da Canfora in più di 500 pagine di analisi storica per  chiarire i nodi dell'interpretazione antica del terminedemocrazia tende anche, come accade  in tutte le sue opere,  a studiare il passato per meglio comprendere il presente. È quest'ultimo che lo fagocita, su cui frequentemente s'interroga con assillante urgenza per  capirne le strutture che stanno alla sua base  e per trovare vie d'uscita ad una crisi attuale  che appare vasta e diffusa come se i fondamenti della democrazia che credevamo solidi, anche se faticosamente costruiti, stessero all'improvviso per cedere. Al di là del timore d'un tragico fallimento,  tante volte ripetutosi in tempi drammatici e bui,  però, a mio parere,  si nasconde pure la speranza di rinvenire una via di convincimento razionale che possa appianare i conflitti e condurre ad esiti propizi, una sorta insomma d'intermediazione che indebolisca le forze retrive e distruttive a favore di quelle  sane e rigeneratrici per una tregua necessaria, la stessa che fece pensare che l'età di Pericle in Grecia e di Augusto a Roma avessero segnato  il ritorno all'età  aurea dell'umanità. 
Forse utopia, ma in fondo l' attesa di una soluzione positiva  aiuta a sopportare meglio le asprezze del corso storico e ad attenuare la presente  negatività.

Gaetanina Sicari Ruffo 

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