domenica 6 maggio 2012

IL RADICALISMO RELIGIOSO DEL PRIMO CRISTIANESIMO: CONTESTO ED IMPLICAZIONI

E, per quel che concerne i mali, il loro fine e il loro atto sono necessariamente peggiori rispetto alla loro potenza, giacché l’essere-in-potenza si identifica con entrambi i contrari.  Aristotele, Metafisica IX. 9.1051a 16-18[1].


Gedaliahu G. Stroumsa
 Sono le circostanze recenti, nuove  e  inquietanti, che spiegano il nostro vivo interesse per il radicalismo religioso. Queste circostanze comprendono anche rivoluzioni religiose e minacciano finanche il tenore della nostra vita sociale ed intellettuale. Anche lo storico dell'antichità non può rifugiarsi dietro i pesanti tendaggi  dell'antiquaria. Esclusivismo, violenza, intolleranza: questi concetti, che si rimodulano senza restare identici, sono tutti utilizzati, insieme con radicalismo, per descrivere i misfatti molteplici della religione nel mondo contemporaneo. Tramite un'analisi di alcuni aspetti paradossali del cristianesimo antico, questo studio spera anche di illuminare il processo con il quale un movimento religioso dinamico può trasformarsi in minaccia per l'esterno. Più precisamente, tenterò qui di tracciare i percorsi attraverso i quali una religione perseguitata fin dalle sue origini poté trasformarsi nei primi secoli in una religione persecutrice e di comprendere la dialettica grazie alla quale i credenti  della religione dell'amore poterono inventare forme di violenza e d'intolleranza religiose fino ad allora sconosciute nel mondo antico.

mercoledì 25 aprile 2012


La scrittrice Erika Rigamonti ha vinto con il romanzo “Binario 7” edito da Mobydick, editore di Faenza, il PREMIOENRIQUEZ 2012 – CITTA’ DI SIROLO nella categoria Editoria di impegno sociale e civile, nella sezione Romanzo civile.
La cerimonia ufficiale di consegna dei premi avrà luogo presso il Teatro Cortesi di Sirolo, domenica 19 agosto 2012.
Il premio, una targa d’oro con un’immagine del grande maestro Lele Luzzati raffigurante il “Conero”, alias Madre Natura, che diventa “Re”, grande burattinaio dello spettacolo, è intitolato al regista Franco Enriquez.

All'amica Erika, che ha collaborato alle nostre pagine, le più vive congratulazioni! Ad maiora!
http://www.lafrusta.net/rec_rigamonti_binario.html

domenica 22 aprile 2012

Stendhal – Diario del viaggio in Brianza – I libri di Brianze, 2009 - (Il libro contiene anche Il forestiere in Italia). A cura di Sara Pozzi.


È un dato di fatto – mi dicevo, mentre a lettura ultimata mi rigiravo fra le mani questo delizioso repêchage di Stendhal – che la Brianza è tuttora uno dei luoghi più belli d’Italia. Un pezzo di Toscana in terra di Lombardia. Ho vivi ricordi della Toscana dove ho vissuto gli anni dell’adolescenza e  ho la ventura di attraversare tutti i giorni e in tutte le stagioni dell’anno per ragioni di lavoro (servicio de correos del Maradagàl) la Brianza più riposta e più periferica e dunque più intima, ossia quella lecchese, ancora in buono stato. Non so restare freddo davanti a scorci paesaggistici come quelli di Montevecchia, Perego,  Annone ... Dall’altura della  Bevera ( Imbever, ricorda un cartello messo lì da una mano pubblica  guidata da un sentimento, non ancora risentimento, identitario)  mi soffermo ogni giorno ad ammirare il paesaggio di questa Brianza dalle colline dai profili seghettati, da cui si staglia sempre, anche tra le brume come ancor più nelle terse giornate primaverili,  un delizioso campanile, e da dove gettando lo sguardo si coglie in un’unica veduta mozzafiato tutta la chiostra delle cime lecchesi, e più oltre, le rocce imbiancate delle Alpi. 

martedì 17 aprile 2012

Trieste è un’altra di Pietro Spirito di Marina Torossi Tevini


Trieste è un’altra, il recente saggio di Pietro Spirito edito da Mauro Pagliai nell’intrigante collana  Le non guide si snoda come un diario di viaggio suggestivo e personale attraverso la città di Trieste a ricercarne la sua intima natura. “Trieste è un’altra” recita il titolo. In che senso un’altra? È un’altra rispetto all’immagine stereotipata che ne abbiamo, è un’altra perché non è la Trieste ufficiale ma quella città in parte incomprensibile che si presenta alla vista dell’autore (non a caso affacciato al belvedere della Napoleonica). Un autore che cerca, come in uno specchio rotto, di ricomporre i frammenti per arrivare a un’immagine, a un senso, a un’ipotesi definita. Ma un senso è difficile da trovare in una città che appare morta come nel Porto Vecchio le rotaie e le traversine abbandonate. E proprio il Porto Vecchio con la sua suggestione di binari morti che parlano di “un matrimonio finito male, quello tra il governo portuale e le ferrovie dello stato” la rappresenta bene e ci prospetta  un angosciante paesaggio da città fantasma, un “non luogo” che molti cineasti  hanno scelto come sfondo per le loro storie di celluloide (come forse un “non luogo” è anche la stessa Trieste con i suoi spazi “pensati per lasciare la mente libera di credere che in fondo tutto è possibile”). L’immagine che Trieste dà è in qualche modo l’immagine di una città irrisolta, una città che vive in compagnia di fantasmi come quelli che popolano i magazzini di Porto vecchio che un tempo ospitavano le derrate ed ora, con i sacchi accatastati e vuoti, simboleggiano una ricchezza scomparsa e alludono a un tempo in cui “la città respirava atmosfere universali e l’abbondanza delle mercanzie parlava di un Occidente avviato a un progresso senza fine”. Trieste a metà strada tra un passato glorioso e lontano e un futuro che appare incerto e difficile.

venerdì 13 aprile 2012

Luciano Canfora, Il mondo di Atene, Laterza, Bari 2012



L'autore, filologo e storico, espertissimo di testi classici e soprattutto appassionato studioso di storia e civiltà greca, offre qui una  lettura innovativa della politica di Atene, scoprendo una  dimensione retorica della sua  grandezza, da tempo legata al concetto della sua democrazia, trasmessa per secoli e divenuta un  mito,  ambigua rispetto a quella reale che i testi classici tramandano e che ora,  dopo un certosino lavoro di  raffronto,  aiutano a meglio identificare.  Oggi ancora persiste nell'immaginario collettivo l'idea che la democrazia ateniese  sia stata nell'antichità il modello politico più alto, mai  superato rispetto alla contingenza  di altre forme democratiche  che pure ad essa s'ispirarono.  

giovedì 12 aprile 2012

Dorothy Louise Zinn - La raccomandazione - Clientelismo vecchio e nuovo, Donzelli Roma 2001.


Che dovesse pervenire da una statunitense uno studio ampio ed articolato sulla devastante pratica sociale della raccomandazione in Italia, è un fatto che solo in un primo momento lascia sorpresi. In fondo, dicono  che nel Corano i cammelli non siano mai citati; sono per così dire tanto  impliciti nel paesaggio locale che non è necessario farvi continuo riferimento (come la neve nei romanzi russi!). Analogamente vogliamo credere che il nostro cammello della raccomandazione sia così presente nel nostro paesaggio morale che farvi riferimento, da parte dei nostri studiosi delle scienze sociali, suonerebbe pleonastico. Si sa come vanno certe cose in Italia!

mercoledì 11 aprile 2012

Jacques Prévert


Cosa occorre privilegiare in Jacques Prévert (1900-1977)? Il poeta o il dialoghista di pellicole cinematografiche,  l'autore di canzoni o il sodale dei surrealisti, l'amico di Picasso o il passeggiatore solitario per la  vecchia Parigi, il provocatore o lo 
scrittore di racconti  per bambini? Certamente, non occorre sfilare nulla dalla trama di  un'opera e di un'esistenza intimamente  avvinte l'una all'altra.

«Anche  quando Jacques Prévert scrive, si direbbe che parli. Egli viene dalla vita e non dalla letteratura». Questa riflessione dello scrittore  Georges Ribemont-Dessaignes riassume questo personaggio nato con il secolo a Neuilly-sur-Seine, nei pressi di Parigi, in un ambiente piccolo-borghese bigotto, di cui non cesserà mai di sfottere le ossessioni e le ipocrisie.  Con Prévert, un universo a parte è creato, un universo che  fugge l'ordine voluto da Dio e dai " contro-ammiragli" (una delle molte figure sociali di cui si prendeva gioco). Il lirismo si lega  agli oggetti più usuali e  grava i  calembours ed i giochi di parole di tutta l'energia del loro potere d'invenzione e di distruzione.

giovedì 5 aprile 2012

Avevo vent'anni...

« J’avais vingt ans. Je ne laisserai personne dire que c’est le plus bel âge de la vie. Tout menace de ruine un jeune homme : l’amour, les idées, la perte de sa famille, l’entrée parmi les grandes personnes. Il est dur à prendre sa partie dans le monde ».
« Avevo vent’anni. Non consentirò a nessuno di dire che è l'età più bella 
della vita. Tutto minaccia di rovina un giovane: l’amore, le idee, il distacco dalla propria famiglia, l’ingresso fra gli adulti. È duro prendere il proprio posto nel mondo»
Dedico questa frase  - che si rinnova e trova un suo senso al passaggio di ogni generazione -  dell’intellettuale comunista Paul Nizan, tratta dal libro “Aden Arabia”,  a tutti coloro che hanno vent’anni oggi, che non riescono a prendere il proprio posto nel mondo, in ricordo dei miei drammatici vent’anni.

lunedì 2 aprile 2012

Il ritorno di Chevalley ( I siciliani, i piemontesi, e il Gattopardo)


     Un rompicapo. Tale è per Sciascia la Sicilia nell’ultima intervista rilasciata a "Le Monde" il 6 ottobre 1989, un mese prima di morire. O meglio, un casse-tête si mostrava il suo rapporto con l’isola e la conseguente «difficoltà di essere siciliano» che egli così riassumeva: «amare un luogo e delle persone e detestarli allo stesso tempo, sentirsi simile e differente, volere e non volere». E se l’isola è un rompicapo per lo scrittore che più di ogni altro l’ha presa come un punto focale in cui rifrangere e riflettere tutti i vizi dell’intera penisola (La Sicilia come metaforaLa palma va a nord) cosa potrà essere per tutti coloro, viaggiatori, giornalisti, osservatori che ne tentano una semplice lettura?
Ora, in questo sottile gioco mentale che è l’interpretazione della Sicilia, si pongono da una parte gli isolani, affetti da sicilianismo (più che sicilitudine, termine vagamente nobile inventato da compiaciuti bellettristi), ossia quella vera e propria ideologia che pone l’isola al centro di un ineffabile mistero storico, un’eccezione inaccessibile, inspiegabile a tutti coloro che per loro sfortuna siciliani non sono; e dall’altra i continentali, o tutti coloro che  assistiti da semplice buona volontà ne tentano una decrittazione, visti quasi sempre con sospetto dagli osservati.

L’Arca di Noè (I capolavori da salvare) - Un cuore semplice di G. Flaubert


Gustave Flaubert

Intervista a Matteo Neri

Sereni: Prof. Neri ho appena finito di leggere Un cuore semplice di Flaubert… 

Neri: …un racconto bellissimo, un capolavoro…
S.: …ecco, non mi è chiaro l’atteggiamento di Flaubert nei confronti di Félicité. Mi sembra che Flaubert non sia serio, ma ironico… 
N.: Ah, su questo punto Flaubert è stato chiarissimo. A un’amica, Roger des Genettes, che – come Lei adesso – pensava che egli in questo racconto si fosse preso gioco di Félicité, rispondeva: “Non è affatto ironico come supponete; al contrario è molto serio e molto triste”.

S.: Non capisco: una contadinotta ignorante e superstiziosa, come dice Flaubert, un  ”automa”, che alla fine scambia…

Michel Onfray – Crepuscolo di un idolo. Smantellare le favole freudiane – trad. G. De Paola, Ponte Alle Grazie, Milano 2011


Michel Onfray è un intellettuale arrabbiato con diversi conti da regolare, e la Francia, patria di intellettuali asettici e cattedratici di gran fama, suole consegnarci – dai tempi di François Villon almeno –, un paio di énragés come lui per ogni generazione. Quella volgente ci ha dato Houellebecqnella narrativa e Onfray, appunto, nella saggistica. I due, pur se approdati in versanti ideologici opposti, condividono molti motivi di consonanza all’origine: lo sfascio o la povertà delle loro famiglie (un comune “romanzo familiare” si direbbe, visto che già siamo in ambito semantico freudiano), la marginalità sociale, la rabbia dell’esclusione, il valore redentivo del libro sia come lettura che scrittura, e infine quel potente contravveleno personale schizzato da una risentita intelligenza marginale contro le ipocrisie sociali e le idee ricevute. Tutti tratti biografici di Onfray che emergono nel primo capitolo di questo libro da egli stesso esposti con accenti e dettagli che non lasciano inerti: particolari biografici tuttavia in genere non richiesti in un saggio ma su cui sarà necessario tornare alla luce del significato che invece acquista la tematica scottante, sollevata qui da Onfray (contro Freud però), dell’influenza della biografia sulla filosofia di un pensatore. La Francia, dicevamo,  predilige e venera non meno delle ieratiche statue di sale degli immortels dell’Académie Française questo tipo di intelligenze.  Esse sono implicite alla cultura francese, la quale, come ci ricordava Giovanni Macchia ne Il paradiso della ragione, non è per nulla misura ed equilibrio, ma accumulo e proliferazione, e, aggiungiamo noi, permanente e acida dialettica tra movimento e istituzione,pupulace ed élite, avanguardia e accademia, bohème e Repubblica delle Lettere, romanzo e antiromanzo, psichiatria e antipsichiatria, cattolicismo severo e intenso e ateismo furente e sacrilego…

Tennessee Williams Drammaturgo, poeta americano (Vienna, 1911-1983)


Tennessee Williams   
Drammaturgo, poeta americano (Vienna, 1911-1983) 
Tennessee Williams è, con Arthur Miller, una delle due figure più eminenti  del teatro americano contemporaneo. Danno il cambio entrambi a Eugene O'Neil e fanno da ponte tra la generazione degli anni '30 (Clifford Odets, Maxwell Anderson, Elmer Rice, Thornton Wilder) e quella del dopoguerra. Tutti e due hanno un repertorio che continua a essere rappresentato sulle scene americane. E in passato hanno ricevuto una consacrazione internazionale grazie alla riduzione cinematografica delle loro opere, beneficiando del talento di un regista  come Elia Kazan. Ma si associano i loro nomi soprattutto  per meglio opporli. Di fronte a Miller il marxista,  accusatore e   vittima del maccartismo, l'uomo del presente e dell'azione militante, Tennessee Williams è presentato come l’intellettuale  freudiano, l'uomo della nostalgia e del sogno, che si rivolge all’immaginario collettivo tramite le immagini e i  miti. Si contrappongono  anche l'uomo del Nord all'uomo del Sud, arrivando addirittura a definire l’uno lo Scandinavo e l’altro  il Mediterraneo. Se l’intenzione è l’indicazione di  una polarità,   c'è comunque  una semplificazione eccessiva. Forse Tennessee Williams merita il titolo di “mediterraneo” a causa della sua predilezione per l'Italia, un'Italia   dei grandi miti, ma anche un'Italia sensuale, eccitante, così come può rappresentarsela un americano educato nel puritanesimo. E comunque  le polarità, le opposizioni, le troviamo dentro la stessa personalità di Williams, e della sua fama. Com’è possibile, in particolare, che continui ad esercitare, ancora oggi, un così un forte fascino, visto che ha praticato una forma di teatro che si può ritenere superato, o convenzionale, rispetto alle sperimentazioni newyorkesi degli anni '60? Non si potrebbe  sospettare in fondo che quest'uomo di teatro ha dovuto in parte la sua fortuna  a tutti quei  meravigliosi  interpreti del cinema che hanno saputo dare una presenza, uno spessore, una forza poetica ad un universo che avrebbe potuto, altrimenti, sembrare artificiale o ingenuo, o troppo pesantemente caricato di simboli?

Paul-Henri Thiry d'Holbach (1723-1789) STORIA CRITICA DI GESU’ CRISTO O Analisi ragionata dei Vangeli (1770) Prima traduzione italiana assoluta di Alfio Squillaci

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Indice
Prefazione
Capitolo I.Quadro del popolo ebraico e dei suoi profeti. Esame delle profezie relative a Gesù.
Capitolo II.Della nascita di Gesù Cristo.
Capitolo III.Adorazione dei Magi e dei pastori. Strage degli Innocenti, ed altri fatti che seguirono la nascita di Gesù Cristo
Capitolo IV.Battesimo di Gesù Cristo. Suo ritiro nel deserto. Inizio della sua predicazione e dei   miracoli. Nozze di Cana.
Capitolo V.Viaggio di Gesù Cristo a Gerusalemme. Mercanti cacciati del tempio. Colloquio con Nicodemo.
Capitolo VI.Incontro di Gesù con la Samaritana. Il suo viaggio ed i suoi mi-racoli  nel paese dei Geraseni.
Capitolo VII.Gesù guarisce due ossessi Miracolo dei maiali. Prodigi operati da Cristo fino alla fine del primo anno della sua predicazione.
Capitolo VIII.Di ciò che fece Gesù durante il suo soggiorno a Gerusalemme, ossia, nella seconda Pasqua della sua predicazione.
Capitolo IX.Gesù fa nuovi miracoli. Chiamata dei dodici apostoli.
Capitolo X.Sermone della montagna. Riassunto della morale di Gesù. Os-servazioni su questa morale.
Capitolo XI.Azioni e parabole di Gesù. Ostilità dei suoi parenti contro di lui. Viaggio di Gesù a Nazaret e dei successi che vi ebbe.
Capitolo XII.Predicazione degli apostoli. Istruzioni che impartisce loro Gesù. Miracoli operati da egli fino alla fine del secondo anno della sua predicazione.
Capitolo XIII.Gesù ritorna in Galilea nella terza Pasqua della sua predicazione. Ciò che vi fece fino a quando andò via.
Capitolo XIV.Gesù si reca a Gerusalemme. È costretto a uscirne. Risurrezione di Lazzaro. Entrata   trionfale di Cristo. Suo ritiro nell’ Orto de-gli Ulivi. La cena. L’arresto.
Capitolo XV.Processo e condanna di Gesù. Suo supplizio e  morte.
Capitolo XVI.Risurrezione di Gesù. Sua condotta fino all’ Ascensione. Esame delle prove della Risurrezione.
Capitolo XVII.Riflessioni generali sulla vita di Cristo. Predicazione degli apo-stoli. Conversione di San Paolo. Fondazione del cristianesimo. Persecuzioni subite. Cause dei suoi progressi.
Capitolo XVIII ed ULTIMO. Quadro del cristianesimo da Costantino fino a noi.

Maria Pia Ammirati – Le voci intorno - Cairo Publishing, Milano 2012


L’argomento è la morte e nella fattispecie la forma che essa assume per il tramite di un incidente
d’auto. Si tratta di morte nelle sue prove corali e familiari, a diversi gradi d’incidenza; in quanto taluni muoiono mentre la protagonista finirà in coma. Nondimeno il tema e la tesi che il fulmineo romanzo di Maria Pia Ammirati porge è affatto tragico, in quanto non ci sono sacre soglie da varcare (la tragedia, infatti, al contrario, consta di un confronto mal riuscito con il sacro), ma rapporti da situare e spiegare.
Già in Se tu fossi qui, edito anch’esso da Cairo (2010) e vincitore nel 2011 del Premio Selezione
Campiello, Ammirati aveva condotto quello che alla luce di quest’ultimo Le voci intorno suona
quasi come una sorta di prequel.

Gabrio Casati – Luigini contro contadini– Il lato oscuro della Questione Settentrionale - Guerini e Associati, Milano 2011



L’ autore di questo pamphlet ricchissimo di dati e osservazioni appassionate è un collettivo costituito, come sembra, da alcuni economisti e manager milanesi. Nella scelta dello pseudonimo sono ricorsi al conte Casati, pure milanese, patriota, amico di A. Manzoni, liberale moderato, che tra l’ altro fu presidente del consiglio del regno di Sardegna nel 1848 e ministro della pubblica istruzione nel 1859/1860 nell’ ultimo governo sabaudo guidato da Cavour. La sua riforma ispirò nei primi decenni dall’ unità d’ Italia la politica scolastica del nostro Paese. La scelta del nome “G. Casati” ha già un che di programmatico. Sa di riformismo cauto ma deciso, sa di sviluppo razionale, di equilibrio tra giustizia ed efficienza. Ma perché uno pseudonimo ? Forse per distinguersi da quanti sbavano per la voglia di apparire? Forse anche per questo, ma principalmente per non correre il rischio di rappresaglie. Qualcuno degli autori lavora infatti per dei Luigini.

Ma chi sono ‘sti Luigini? E chi i Contadini? Questa denominazione apparentemente bizzarra riprende alcune pagine di Carlo Levi, precisamente del suo romanzo-saggio L’orologio, uscito nel 1950 per i tipi di Einaudi. I Contadini sarebbero i produttori, appartenenti a qualsiasi classe sociale: contadini stricto sensu, operai, agrari, industriali effettivamente imprenditori, “anche gli artigiani, i medici, i matematici, i pittori, le donne, quelle vere, non quelle finte “, ma anche gli “intellettuali”.  “ E i Luigini chi sono ? Sono gli altri. La grande maggioranza della (…) ameboide piccola borghesia (…) burocrati, statali, impiegati di concetto, magistrati, avvocati, poliziotti, studenti, parassiti (…) politicanti (…) preti (…) letterati dell’ Arcadia, (…) anche gli industriali e commercianti che si reggono sui miliardi dello Stato “.  In una parola i non-produttori (siano essi semplicemente “assistiti”, detentori di rendite, oppure veri e propri parassiti). Levi, nel suo linguaggio sanguigno e ribellistico, si riferisce all’ Italia della fine degli anni ’40 e dà sfogo alla profonda delusione di chi vede come, anche nella Repubblica nuova di pacca, vecchi equilibri si erano ricomposti, delusione di chi scopre che i Luigini avevano ripreso il sopravvento sui Contadini. 

Marina Torossi Tevini, Le parole blu, Campanotto 2010





“L’Occidente e parole” di Marina Torossi  Tevini: una raccolta di racconti scanditi da continui interrogativi, interrogativi a cui l’autrice si impegna a dare risposta attraverso un inesausto spasmodico sforzo di indagine e riflessione. Uno sforzo in cui ella riesce a coinvolgere a pieno il lettore, dal quale è come se si facesse scortare passo dopo passo attraverso il processo conoscitivo e lungo l’avventuroso percorso che dovrebbe condurci a decifrare il mistero della condizione umana. Anche se,  lo sappiamo, si tratta di un percorso in cui ci si scontra con molte porte chiuse. Ma pure quando il suo ragionamento non può approdare a una conclusione, perché, niente da fare, il dilemma risulta insolubile, ella non per questo cessa di pilotare e stimolare il lettore, associandolo non tanto alla propria impotenza quanto alla propria ribellione contro questa impotenza. Insomma un libro dalla cui lettura si ricava l’impressione che all’autrice non sia sufficiente capire, ma che ella avverta l’urgenza, e quasi il dovere, di aiutare gli altri a capire, per cui, ecco, il suo atteggiamento credo sia lecito definirlo “didattico”. Consapevolmente, dichiaratamente “didattico”. Ma, attenzione, al vocabolo “didattico” non dobbiamo attribuire nessuna valenza negativa. Anzi. In un mondo in  cui così di frequente ci si sottrae alla responsabilità del giudizio, si glissa, ci si schermisce di fronte alla necessità di prender posizione, un libro in cui senza mezzi termini, senza giri di parole ci si confronta con i più grandi temi  - la disparità sempre crescente tra gli umani, il bisogno che abbiamo degli altri e la difficoltà, spesso insormontabile, che incontriamo nel tentativo di dialogare e intenderci (incomprensione che drammaticamente si accentua nel rapporto tra  generazioni diverse), e il perverso dilagare del consumismo, e la pecorile tendenza all’omologazione, e come i più a ogni costo vadano reclamando certezze, certezze quali che siano, anche se approssimative, discriminatorie,  banalizzanti,  mentre bisognerebbe avere il coraggio di convivere col dubbio, il dubbio che, certo,  è assai faticoso da gestire, ma risulta indispensabile a salvarci da ogni tipo di oscurantismo – un libro così, dicevo, non può che essere benvenuto. Benvenuto perché utile, benvenuto perché  necessario. Ecco: dovrebbero scriversene più spesso di libri del genere. 

Lo stile omiletico di Citati ( Cristo, Socrate e Hegel)


Pietro Citati
 In Italia può capitare dispiegando  la pagina culturale di un grande quotidiano nazionale  di imbattersi in una vera e propria  omelia e andare  in fondo all’articolo e scoprire  che la firma  non è  di  un prete o di un teologo,  ma di un critico letterario, un critico che presidia  la bellettristica italiana da oltre mezzo secolo. (Pietro Citati: “Quel primato degli umili che rovesciò il mondo”, “Corriere”, 13 marzo 2012).
Il critico Citati può piacere  o no, e a me certamente non piace per quello stile dolciastro in perenne estasi e sorretto dalla "sindrome del cuculo" (quella di covare uova altrui), e con la sgradevole conseguenza che i suoi toni  laudativi  ti inducono quasi  a rinnegare uno scrittore da te lungamente amato  (vedi  la sua biografia di Tolstoj) se solo passa per la labbra tumide e per la  penna slombata di un critico come lui. Infatti, nelle  conseguenti triangolazioni mentali che insorgono ti dici che non è possibile che possa piacere a te ciò che piace a lui, che non può esserci anche in te quella forma di spiritualismo   compiaciuto, ma anche di realtà e simulazione, di verità e “teatro” che una volta  passava sotto il termine  di  gesuitismo …