Prefazione
Capitolo I.Quadro del popolo ebraico e dei suoi profeti. Esame delle profezie relative a Gesù.
Capitolo II.Della nascita di Gesù Cristo.
Capitolo III.Adorazione dei Magi e dei pastori. Strage degli Innocenti, ed altri fatti che seguirono la nascita di Gesù Cristo
Capitolo IV.Battesimo di Gesù Cristo. Suo ritiro nel deserto. Inizio della sua predicazione e dei miracoli. Nozze di Cana.
Capitolo V.Viaggio di Gesù Cristo a Gerusalemme. Mercanti cacciati del tempio. Colloquio con Nicodemo.
Capitolo VI.Incontro di Gesù con la Samaritana. Il suo viaggio ed i suoi mi-racoli nel paese dei Geraseni.
Capitolo VII.Gesù guarisce due ossessi Miracolo dei maiali. Prodigi operati da Cristo fino alla fine del primo anno della sua predicazione.
Capitolo VIII.Di ciò che fece Gesù durante il suo soggiorno a Gerusalemme, ossia, nella seconda Pasqua della sua predicazione.
Capitolo IX.Gesù fa nuovi miracoli. Chiamata dei dodici apostoli.
Capitolo X.Sermone della montagna. Riassunto della morale di Gesù. Os-servazioni su questa morale.
Capitolo XI.Azioni e parabole di Gesù. Ostilità dei suoi parenti contro di lui. Viaggio di Gesù a Nazaret e dei successi che vi ebbe.
Capitolo XII.Predicazione degli apostoli. Istruzioni che impartisce loro Gesù. Miracoli operati da egli fino alla fine del secondo anno della sua predicazione.
Capitolo XIII.Gesù ritorna in Galilea nella terza Pasqua della sua predicazione. Ciò che vi fece fino a quando andò via.
Capitolo XIV.Gesù si reca a Gerusalemme. È costretto a uscirne. Risurrezione di Lazzaro. Entrata trionfale di Cristo. Suo ritiro nell’ Orto de-gli Ulivi. La cena. L’arresto.
Capitolo XV.Processo e condanna di Gesù. Suo supplizio e morte.
Capitolo XVI.Risurrezione di Gesù. Sua condotta fino all’ Ascensione. Esame delle prove della Risurrezione.
Capitolo XVII.Riflessioni generali sulla vita di Cristo. Predicazione degli apo-stoli. Conversione di San Paolo. Fondazione del cristianesimo. Persecuzioni subite. Cause dei suoi progressi.
Capitolo XVIII ed ULTIMO. Quadro del cristianesimo da Costantino fino a noi.
PREFAZIONE
I vangeli sono tra le mani di tutti, e tuttavia nulla di più raro di imbattersi in cristiani realmente informati sulla storia del fondatore della loro religione. Per altro verso, fra quelli che hanno letto questa storia, è ancor più raro trovarne qualcuno che abbia osato seriamente esaminarla. Occorre tuttavia convenire che l'ignoranza degli uni e la scarsa riflessione degli altri su un argomento che reputano tuttavia infinitamente importante, possano venire dalla ripugnanza che spontaneamente causa la lettura del Nuovo Testamento. Infatti regna in quest’ opera un disordine, un'oscurità, una barbarie di stile che facilmente inducono a ingannare gli ignoranti e a respingere le persone illuminate. Non c’è storia, sia antica che moderna, che non abbia più metodo e chiarezza di quella di Gesù Cristo, e non crediamo che lo Spirito Santo, che si suppone esserne l'autore, abbia superato né uguagliato un gran numero di storici profani, di cui tuttavia gli scritti non hanno la stessa conseguenza sul genere umano. I nostri stessi teologi affermano che gli apostoli erano uomini rozzi e poco istruiti. Non sembra che lo Spirito divino, che pure li ispirava, si sia sforzato di migliorare i loro difetti; al contrario, sembra averli assunti egli stesso, ed essersi conformato alla pochezza dei lumi dei loro intelletti, ed avere ispirato loro dei testi nei quali non si riscontra né il giudizio, né l'ordine, né la precisione che si ritrova in alcuni scritti degli uomini. Di conseguenza i vangeli ci presentano un’accozzaglia confusa di prodigi, di anacronismi, di contraddizioni, nella quale la critica ha finito per smarrirsi, e che farebbe respingere qualsiasi altro libro con disprezzo.
È attraverso i misteri che si dispongono gli animi a rispettare la religione e coloro che la insegnano Si può dunque sospettare che l'oscurità di questi scritti non sia casuale. In fatto di religione è di prammatica non parlare mai con chiarezza. Verità semplici e facili da comprendere, non colpiscono la viva immaginazione degli uomini come gli oracoli ambigui e i misteri impenetrabili. Per altro verso, sebbene venuto apposta ad illuminare il mondo, Gesù Cristo resterà per un gran numero di uomini una pietra d’inciampo. Tutto annuncia nel Vangelo l’esiguo numero degli eletti, la difficoltà della salvezza, il pericolo della ragione: in breve, tutto sembra provare che Dio abbia inviato il suo amato figliolo ai popoli per tendere loro una trappola, e perché non comprendessero nulla della religione che voleva dare loro. In ciò l'Eterno non è sembrato altro proporsi che di gettare i mortali nell’ oscurità, nel dubbio, in una sfiducia in se stessi, in continui intoppi che li costringessero a ricorrere di continuo ai chiarimenti infallibili dei loro preti, e restare per sempre sotto la tutela della Chiesa. I suoi ministri, come si sa, possiedono in esclusiva il privilegio di comprendere e spiegare le sacre Scritture, e nessun mortale può sperare nella felicità futura se non mostra per le loro risoluzioni la dovuta sottomissione.
Così non compete al volgo esaminare la propria religione: alla semplice consultazione del Vangelo ogni cristiano deve convincersi che questo libro è divino, che ogni parola che contiene è ispirata dallo Spirito Santo , e che le spiegazioni che la Chiesa gli dà di questo testo celeste, sono del pari emanate dall’Altissimo. Nei primi secoli del cristianesimo, coloro che abbracciarono la religione di Gesù erano popolani di infima estrazione, quindi molto semplici, poco versati nelle lettere, disposti a credere a tutte le meraviglie che si vollero annunciare loro. Gesù stesso nelle sue predicazioni si rivolse a uomini rozzi; volle avere a che fare con gente di quel tipo; rifiutò costantemente di operare miracoli in presenza delle persone più illuminate del suo poplo; sentenziò incessantemente contro i dotti, gli intellettuali ed i ricchi: in breve contro quelli presso i quali non poteva trovare l'elasticità mentale necessaria per adottare le sue massime. Lo vediamo continuamente elogiare la povertà di spirito, la semplicità, la fede .
I suoi discepoli, e in seguito i suoi ministri della Chiesa, hanno seguito scrupolosamente le sue tracce e hanno sempre rappresentato la fede, o la sottomissione cieca, come la prima delle virtù, come la disposizione più gradita a Dio, la più necessaria per la salvezza. Questo principio funse sempre da base alla religione cristiana, e soprattutto alla potenza del clero. Di conseguenza i pastori, che succedettero agli apostoli, ebbero la massima cura di sottrarre i Vangeli agli sguardi di tutti coloro che non erano iniziati ai misteri della religione. Si mostravano, questi libri, a quelli di cui era provata la fede, ossia, che si sapeva disposti in anticipo a ritenerli divini. Vediamo che questo spirito di mistero si è perpetuato fino ai giorni nostri. La lettura del Vangelo è in molti paesi rigorosamente vietata al comune cristiano, soprattutto nella comunione romana, ove il clero è il più abile nel governo degli uomini. Il concilio di Trento ha statuito nel modo più formale che spetta solo alla Chiesa stabilire il vero senso delle scritture e darne l'interpretazione .
È vero che la lettura dei libri sacri è permessa ed anche raccomandata dai protestanti, ossia da quei cristiani che da alcuni secoli si sono separati dalla Chiesa romana. Di più: è ingiunto loro di esaminare la loro religione. Però la fede deve sempre precedere questa lettura e seguire questo esame, di modo che prima di leggere, un protestante, è obbligato a credere che il vangelo è divino, e l'esame che ne farà è valido quando vi troverà ciò che i ministri della sua setta hanno risolto che vi trovasse; in difetto, è ritenuto un empio, e spesso è punito per la sua pochezza di lumi.
Occorre dunque concludere che la salvezza dei cristiani non si rapporta né alla lettura né all'intelligenza del vangelo e dei libri sacri, ma alla ferma credenza che questi libri sono divini. Se per disgrazia la lettura o l'esame che se ne fa non si accordano con le decisioni, le interpretazioni, i commenti della Chiesa (ossia, di quei preti, che, preposti ad ogni setta, disciplinano il modo particolare di leggere ed intendere le scritture) egli è in pericolo di perdersi e di incorrere nella dannazione eterna. Per leggere il vangelo occorre cominciare con l’ avere fede, cioè, essere pronti a credere ciecamente a tutto ciò che questo libro contiene; per esaminare questo vangelo occorre ancora fede, cioè, essere fermamente risolti a non trovarvi nulla che non sia santo e degno di adorazione. Infine, per intendere il vangelo occorre ancora fede, ossia, un fermo convincimento sul fatto che i nostri stessi preti non possono mai né sbagliarsi, né volere ingannare gli altri, nel modo in cui ci spie-gano il libro che leggiamo. «Credete, ci dicono, sulla nostra parola, che questo libro è opera di Dio stesso; sarete dannati se osaste dubitarne. Non comprendete nulla di ciò che Dio vi rivela? Credete ugualmente: Dio si è rivelato per non essere compreso . La gloria di Dio è di nascondere la sua parola. O meglio: parlando in modo incomprensibile, Dio non vi fa forse capire che vuole che vi riferiate a noi preti che siamo i confidenti dei suoi importanti segreti? Verità di cui non potete dubitare, visto che perseguitiamo in questo mondo e danniamo nell'altro chiunque osi sfidare la testimonianza che noi rendiamo a noi stessi …»
Per quanto vizioso questo ragionamento possa sembrare ai profani, basta alla maggior parte dei credenti; di conseguenza, o non leggono il vangelo, o se lo leggono non lo esaminano; o se lo esaminano, lo fanno con occhi prevenuti e con la ferma risoluzione di trovarvi ciò che è conforme ai loro preconcetti ed agli interessi delle loro guide spirituali. A cagione dei suoi timori e dei suoi pregiudizi un cristiano si crede perduto se per caso troverà nei libri sacri qualche ragione per dubitare della sincerità dei suoi preti.
Con questi presupposti non è sorprendente vedere gli uomini persistere nella loro ignoranza e farsi un merito di rifiutare i lumi che la ragione loro offre. Accade così che l'errore si perpetua e che i popoli, d’accordo con quelli che li fuorviano, accordano a furfanti interessati una fiducia senza limiti nella cosa che ritengono la più importante alla loro felicità.
Tuttavia le tenebre sparse da tanti secoli sullo spirito umano iniziano a dissiparsi; malgrado la vigile tirannia delle sue sospettose guide, l'uomo sembra volere uscire dallo stato di minorità in cui tante cause congiunte cercano di tenerlo. L'ignoranza in cui il clero nutriva i popoli creduloni è per lo meno scomparsa per un gran numero di persone; il dispotismo dei preti si è indebolito in molti Stati fiorenti; la scienza ha reso gli spiriti più liberi, e molta gente inizia a fremere di collera per i ceppi vergognosi nei quali il clero ha fatto a lungo gemere sia i re che i popoli. In breve, lo spirito umano sembra compiere sforzi in ogni paese per spezzare le proprie catene.
Ciò posto, esamineremo senza pregiudizi la vita di Gesù Cristo. Attingeremo i nostri fatti unicamente dagli stessi Vangeli, cioè, in memorie rispettate e riconosciute dai dottori della religione cristiana. Faremo ricorso agli ausili della critica per chiarire questi stessi fatti. Esporremo nel modo più semplice la condotta, le massime e la politica di un oscuro legislatore che, dopo la morte ha acquistato una celebrità, alla quale non c'è motivo di supporre che abbia ambito da vivo. Considereremo in culla una religione che, destinata inizialmente al volgo più vile del popolo il più abietto, il più credulone, il più stupido del mondo, è diventato poco a poco la padrona dei Romani, la fiaccola dei nazioni, il sovrano assoluto dei monarchi europei, l'arbitro dei destini dei popoli, la causa dell'amicizia o dell’odio che intercorrono tra essi, il cemento che serve a rinforzare le loro alleanze o le loro discordie, il lievito sempre pronto a mettere gli spiriti in fermento.
In breve, vedremo un artigiano, invasato malinconico e illusionista maldestro, uscire da una bottega di falegname per incantare uomini della sua classe; fallire in tutti i suoi progetti, essere punito come un perturbatore della quiete pubblica, morire su una croce, e tuttavia dopo la sua morte diventare il legislatore ed il Dio di un gran numero di popoli, e farsi adorare da esseri che si piccano di buon senso .
Vien fatto di credere che se lo Spirito Santo avesse previsto la fortuna radiosa che doveva un giorno arridere alla religione di Gesù; se avesse potuto presentire che essa doveva essere in seguito accettata dai re, da nazioni civilizzate, da scienziati, da persone della buona società; se avesse sospettato che questa religione poteva essere esaminata, analizzata, discussa, criticata da filosofi logici; vien fatto di credere, dico, che ci avrebbe lasciato sulla vita e la dottrina del suo fondatore, delle memorie meno informi, dei fatti meglio circostanziati, delle testimonianze più autentiche, in breve dei materiali meglio elaborati di quelli che ci restano. Avrebbe scelto scrittori più abili di quelli che ha ispirato per trasmettere ai popoli le prediche e le azioni del Salvatore del mondo; lo avrebbe almeno fatto agire e parlare in modo più degno di un Dio; avrebbe messo nella sua bocca un linguaggio più nobile, più chiaro, più convincente; avrebbe usato strumenti più sicuri per convincere la ragione ribelle e confondere gli increduli.
Nulla di tutto ciò è successo: il vangelo è un racconto orientale che indigna qualsiasi uomo di buon senso e che pare rivolgersi ad ignoranti, sciocchi, gente di infima estrazione, i soli che possa sedurre . La critica non vi trova connessione alcuna coi fatti, alcun raccordo con gli eventi, alcuna concatenazione nei principi, alcuna uniformità nei racconti. Quattro cancellieri illetterati passano per i veri autori di memorie che contengono la vita di Gesù Cristo; è sulla loro testimonianza che i cristiani si basano per ammettere la religione che professano, e di accettare senza esame i fatti più contraddittori, le azioni più incredibili, i prodigi più stupefacenti, il sistema più scucito, la dottrina più incomprensibile, i misteri più inaccettabili!
E tuttavia, supponendo che i vangeli che abbiamo tra le mani siano degli autori cui si attribuiscono, cioè siano stati veramente scritti da apostoli o discepoli degli apostoli, non dovrebbe discendere da ciò che la loro testimonianza possa essere sospetta? Uomini che ci dipingono come ignoranti e sprovvisti di lumi, non hanno potuto sbagliarsi? Invasati, fanatici e creduloni, non han potuto immaginarsi aver visto cose che non sono mai esistite, essere rimasti vittime di fantasie? Impostori, fortemente legati ad una setta che li faceva esistere, e che avevano quindi interesse a sostenere, non hanno potuto attestare dei miracoli e pubblicare fatti di cui sapevano perfettamente la falsità? D’altra parte i primi cristiani, con una pia frode, non hanno potuto in seguito aggiungere o tagliare cose essenziali ai testi che si attribuiscono a questi Apostoli? Di sicuro è certo che Origène si lamentava già nel terzo secolo della corruzione dei manoscritti. Cosa diremo, dice, degli errori dei copisti e della temerarietà empia che hanno di correggere il testo? Cosa diremo della licenza di quelli che si impancano a interpolare o cancellare a loro piacimento? Tutte queste domande formano certamente dei pregiudizi legittimi contro coloro cui si attribuiscono i vangeli e contro la purezza del testo di questi vangeli medesimi. Del resto, è molto difficile assicurarsi con qualche grado di certezza che questi vangeli siano degli autori di cui portano i nomi. Infatti tutto ci prova che nei primi secoli del cristianesimo ci fu un proliferare di vangeli diversi gli uni dagli altri, composti per l'uso delle diverse chiese e delle diverse sette della religione cristiana. Questa verità è stata riconosciuta dagli storici ecclesiastici più accreditati . È facile dunque sospettare che coloro che componevano questi vangeli, volendo dare ad essi maggior peso, abbiano potuto attribuirli ad apostoli o discepoli, che in verità non vi avevano preso parte alcuna. Quest'idea, una volta adottata da cristiani ignari e creduloni, ha potuto trasmettersi di epoca in epoca, e passare alla fine come indubbia e in tempi in cui non era più possibile verificare né gli autori né i fatti riportati.
Comunque sia, fra la cinquantina di vangeli di cui il cristianesimo fu inondato ai suoi inizi, la Chiesa, riunita in concilio a Nicea, ne scelse quattro e respinse tutti gli altri come apocrifi, sebbene non abbiano nulla di più stravagante di quelli che furono ammessi. Fu così che in capo a tre secoli (cioè, l'anno 325 dell'Era cristiana) dei vescovi decisero che questi quattro vangeli erano i soli che si dovessero adottare, o che fossero stati veramente ispirati dallo Spirito Santo. Un miracolo fece loro scoprire quest'importante verità, difficile da districare in un’epoca già molto lontana da quella degli Apostoli. Si posero, si narra, alla rinfusa i libri apocrifi e i libri autentici sotto un altare; i padri del Concilio si misero a pregare affinché il Signore permettesse che i libri falsi o incerti restassero sotto l'altare, mentre quelli realmente ispirati dallo Spirito Santo venissero a mettersi da soli sull’altare, cosa che non tardò ad accadere . È dunque da questo miracolo che dipende la nostra fede! È ad esso che i cristiani devono la certezza di possedere vangeli veri o memorie fedeli sulla vita di Gesù Cristo! È su questo fatto che poggiano i principî del loro credo e le regole di condotta cui devono attenersi per procurarsi la salvezza eterna!
Ciò posto, l'autorità dei libri che sono alla base della religione cristiana, è fondata sull'autorità di un Concilio, cioè, di un'assemblea di preti e di vescovi. Ma questi vescovi e questi preti, giudici e parti in causa in questa vicenda alla quale erano ovviamente interessati, non hanno potuto sbagliarsi? Indipendentemente dal miracolo apocrifo che fece loro distinguere i veri vangeli dai falsi, hanno avuto qualche dritta che li ha indotti a distinguere gli scritti che occorreva ammettere da quelli che si dovevano respingere?
Ci diranno che la Chiesa, riunita in un Concilio generale, è infallibile; che è lo Spirito Santo a ispirarla, e che le sue decisioni devono essere valutate come quelle di Dio stesso. Se chiediamo dov’è la prova per la quale la Chiesa gode di quest'infallibilità, ci risponderanno che è il vangelo a garantirla e che Gesù Cristo ha formalmente promesso di assistere la sua Chiesa coi suoi lumi fino alla fine dei secoli. A ciò gli increduli replicheranno che la Chiesa o i suoi ministri fondano dunque il diritto su se stessi, visto che è solo la loro autorità che stabilisce l'autenticità di quei libri, sui quali poi si fonda la loro autorità, cosa che è visibilmente un circolo vizioso. Insomma, un'assemblea di vescovi e di preti ha deciso che i libri che attribuiscono loro un'autorità infallibile sono stati divinamente ispirati.
Nonostante questa decisione, ci restano tuttavia ancora alcuni dubbi sull'autenticità dei vangeli. In primo luogo ci si chiede: la decisione del concilio di Nicea, composto da 318 vescovi, deve essere ritenuta come una decisione della Chiesa universale? Tutti coloro che formavano quest'assemblea erano in tutto d'accordo tra di loro? Non vi furono discussioni tra questi uomini ispirati dallo Spirito Santo? La loro decisione fu accettata all'unanimità? L'autorità secolare di Costantino vi ebbe molta parte nell'accettazione dei decreti di questo famoso concilio? In questo caso, non sarebbe stata la potenza imperiale, molto più dell'autorità spirituale, che avrebbe deciso dell'autenticità dei van-geli? In secondo luogo: molti teologi ritengono che la Chiesa universale, sebbene infallibile nel dogma, possa errare nei fatti: ma è ovvio che nel caso in questione il dogma dipenda da fatti. Invero prima di decidere se i dogmi contenuti nei vangeli sono divini, fu necessario sapere, a prova di dubbio, se i quattro vangeli in que-stione furono realmente scritti dagli autori ispirati a cui sono attribuiti, cosa che è visibilmente un fatto. Sarebbe stato necessario sapere ancor più se questi vangeli non furono mai alterati, troncati, accresciuti, interpolati, falsificati dalle varie mani per le quali sono passati durante il corso di tre secoli; ciò che è ancora un fatto. I padri del concilio hanno potuto garantirci infallibilmente la probità di tutti i depositari di questi scritti, l'esattezza di tutti i copisti? Quei padri hanno potuto stabilire senza appello che durante un così lungo lasso di tempo nessuno abbia inserito, in queste memorie, dei racconti meravigliosi o dei dogmi sconosciuti agli scrittori che se ne suppongono gli autori? La storia ecclesiastica non ci insegna forse che fin dall'origine del cristianesimo ci furono scismi, discussioni, eresie e sette innumerevoli, e che ciascuno dei disputanti fondava, al pari degli altri, la propria opinione sul Vangelo? Dai tempi del concilio di Nicea non sappiamo forse che tutta la Chiesa era divisa sull'articolo fondamentale della religione cristiana, voglio dire, sulla Divinità di Gesù Cristo? [ ... ]
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