1 novembre 2014
Ci siamo, è novembre, le foglie degli aceri si tingono del colore del mosto, l’erica assume tinte brunescenti, i margheritoni gialli crescono spontanei sui cigli delle strade della Brianza lecchese, e la mia mente corre a Ercole Patti, l’autore di “Un bellissimo novembre”. Scrittore etneo già stradimenticato, è vero, ma anche Moravia, incomparabilmente più noto, nel frattempo è diventato uno spettro muto: destino della letteratura nell’epoca dell’accelerazione vorticosa dei tempi, quando la memoria non sta dietro alle cose di ieri, figurarsi a quelle dell’altro ieri.
Quando andai via per sempre, alla fine dei Settanta, dalla città natale lastricata di nera lava addossata ai piedi del vulcano, Patti era già stato scordato dagli stessi abitanti di Catania benché avesse goduto di una certa fama nel ventennio precedente. Era morto appena qualche anno prima ed ebbi appena il tempo di vedere scolorire gli avvisi di lutto, con le due bande nere sotto e sopra e il suo nome nel mezzo, affissi in via Vittorio Emanuele, all’altezza della libreria dei parenti Patti, quando lui ci lasciò per sempre in un giorno di novembre, com’era destino che fosse. (Il romanzo si conclude il 15 novembre del 1925, la vita di Patti il 15 di novembre del 1976).
Come Brancati Ercole Patti abitò a Roma per molti anni, fece lo sceneggiatore di numerosi film di Camerini, e fu uno di quegli scrittori e sceneggiatori che si radunavano attorno a un tavolo da Rosati o nei caffè di Via Veneto che ispirarono la “dolce vita” e di cui accenna nei suoi libri un giovanissimo Arbasino che lo stimò. A proposito di Arbasino credo che si potrebbe estendere a Patti questo suo giudizio (ne “L’anonimo lombardo”) : “Se voglio bene a Brancati e Moravia sarà anche perché riescono spesso a non dare questa impressione di teoria applicata, di prodotto non finito, di soufflé che non sta su”. Ricordo anche ciò che scrisse Montale del Patti di “Un amore a Roma”: «L’ispirazione spesso sembra morderlo come una tarantola, scuoterlo da un sonno atavico; e in quei momenti è impossibile scrivere meglio di lui, con più scaltra misura, con gusto più perfetto». «Il suo modo di narrare sembra l’uovo di Colombo: sembra alla portata di tutti e invece appartiene a lui solo». (“Il secondo mestiere”, pp. 1971-1973)
Ma qual è il nucleo tematico di “Un bellissimo novembre”?